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Una notizia di altoimpatto e rilevanza per ilriconoscimento dellacittadinanza iure sanguinis!

Il 12 luglio passato le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno risolto in via definitiva la questione, riguardante l’ottenimento della cittadinanza italiana iure sanguinis posta da alcuni cittadini brasiliani, le cui ragioni erano state inizialmente respinte nei gradi inferiori in applicazione della tesi comunemente nota come “Grande Naturalizzazione”. In data 24 agosto è stato pubblicato il contenuto della decisione.

La questione è giunta alla Corte di Cassazione per via del respingimento in prima e seconda istanza delle tesi degli istanti.

In tali sedi, il Giudicante aveva considerato che i ricorrenti non potessero essere considerati eleggibili per la cittadinanza italiana iure sanguinis per via dell’esistenza, in Brasile, del Decreto n. 58°A, del 14.12.1889 il quale, tra le varie disposizioni, aveva determinato la naturalizzazione tacita di tutti gli stranieri che erano presenti nel Paese a far data dal 15.11.1889.

La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione per la rilevanza della materia; ciò poiché, tale antico provvedimento avrebbe riguardato una “perdita di massa” della cittadinanza dei cittadini italiani emigrati in Brasile alla fine del XIX secolo e, conseguentemente, avrebbe oggi interessato un numero incalcolabile ed elevatissimo di soggetti brasiliani i quali avrebbero tutto il diritto, stanti i requisiti di legge, di essere considerati discendenti di soggetti che mai hanno cessato di essere italiani.

Dunque, questa naturalizzazione “tacita”, non derivante da alcuna espressa manifestazione di volontà, non è stata accettata dalla Corte di Cassazione, che ha considerato che lo status di cittadino italiano, una volta acquisito, ha natura permanente e imprescrittibile, con eccezione nella rinuncia (e nelle altre previste ipotesi), evidentemente non applicabile al caso in questione.

La circostanza dell’accettazione degli effetti di una decisione di naturalizzazione in massa non potrebbe di certo essere dedotta da una condotta meramente passiva.

Inoltre, emerge dalla pronuncia che nemmeno il trasferimento della propria residenza in un altro paese (in tal caso il Brasile, dove fu decretata la naturalizzazione di massa), implica necessariamente la perdita della cittadinanza italiana, in virtù dell’art. 8, L. n. 555 del 13.6.1912, richiedente perlomeno un minimo atto espressivo della volontà di rinuncia.

L’importanza di tale pronuncia per l’orientamento è cruciale e pone finalmente un punto definitivo alla tematica, utilizzata dal Ministero come argomento principale di opposizione alle ragioni dei discendenti di cittadini italiani, della Grande Naturalizzazione.

Adesso la questione ritorna alla Corte d’Appello di Roma per l’applicazione del principio di diritto, con conseguente riconoscimento della cittadinanza italiana degli istanti.